Quando il Financial Times, non un giornale qualunque, un tabloid per intenderci, ma il principale giornale economico-finanziario del Regno Unito, ironizzava su Silvio Berlusconi, all’epoca premier del governo italiano, in Italia molti si compiacevano e gli davano ragione.
Si compiacevano stupidamente perché consentendo che si dileggiasse il capo del governo, di fatto, si consentiva di dileggiare l’intera comunità, e, quindi, loro stessi, e, comunque, di interferire nelle vicende di uno stato che dovrebbe essere sovrano.
Le critiche del Ft, nell’anno trascorso, salivano con crescendo rossiniano «finché il Paese mantiene lo stesso leader» l’Italia non riuscirà a mantenere le promesse, e lo stesso giornale chiese, a novembre, a Berlusconi «In the name of God, Italy and Europe, go!» («In nome di Dio, dell'Italia e dell'Europa, vattene!»).
Berlusconi si difendeva sostenendo che le critiche erano “di parte” e “pilotate” ricevendo dalla controparte politica derisioni plateali amplificate dai media.
In questi giorni lo stesso giornale afferma, in un editoriale di Wolfang Munchau, che Mario Monti Capo del Governo uscente e candidato non «Non è l'uomo giusto per guidare l'Italia» nella ripresa economica.
Apriti cielo l’autore è definito come “schierato” e parte di una lobby anglo-americana nemica dell’area euro e il Professore, pateticamente e accademicamente, scrive una lettera di protesta al giornale.
Qualcuno capirà mai che la cosa non è personale ma riguarda la sovranità dello stato italiano e, soprattutto, che “chi la fa l’aspetti”?