Lucio Palombini.....Blog

Aldo Vecchione, campano, da Nola, terra di Giordano Bruno, del 1936, mosse i primi passi della morfologia patologica come allievo interno nell’Istituto di Anatomia Patologica, di via Luciano Armanni, dell’allora unica Prof. Aldo VecchioneFacoltà di Medicina di Napoli, che per anni era stato diretto dal Professore Pietro Verga che fu anche Preside dalla Facoltà.

Il tramonto dell’era “Verga” e l’avvento alla direzione dell’Istituto del Prof. Mario Raso, lo portò, laureatosi in Medicina e Chirurgia a Napoli nel 1963, a quello che chiamerei il “primo scisma”, cioè ad assumere, come assistente volontario (1966-1968), la responsabilità della cito-istopatologia della e nella Clinica Ostetrica e Ginecologica dell’Università di Bari all’epoca diretta dal Professor Giuseppe Valle.

Questo incarico era stato lasciato, molto polemicamente, dal Dott. Pier Franco Paci, laureatosi (1956) a Firenze, ma formatosi poi alla scuola di Patologia di Harvard di Boston (una sorta di rientro di cervello ante litteram)....

 

Pier Franco Paci fece ritorno ad Harvard dopo che il 10 Aprile 1966, in occasione del III Congresso Nazionale della Società Italiana di Citologia Clinica e Sociale, tenutosi a Castellammare di Stabia (NA), invece di tenere la relazione affidatagli dal titolo “Un Depistage di massa in Puglia”, colse l’occasione per un drammatico “j’accuse” a tutta l’accademia e, in particolare, alla “pathology” italiana con un intervento dal titolo “Un'Italica Fenice: il Patologo Clinico”, che fu brutalmente interrotto, durante lo svolgimento, da Giuseppe Tesauro Direttore della Clinica Ostetrica e Rettore dell’Università di Napoli dell’epoca.

Quando poi Giuseppe Valle si trasferì da Bari alla Facoltà Medica di Roma, Policlinico Umberto I, Aldo Vecchione lo seguì adesso da Assistente Ordinario e Aiuto di Clinica Ostetrica e Ginecologica (1968-1982), allestì anche lì, in Clinica Ostetrica, una sezione di Cito–Istopatologia.

In questo periodo Aldo Vecchione consegue due specializzazioni, nel 1969 in oncologia all’Università degli Studi di Roma,  nel 1971 in Anatomia Patologica e Tecniche di Laboratorio presso l’ Università di Parma, e anche nel 1972 la libera docenza in Patologia Ostetrica e Ginecologica, ultima volta, se ben ricordo, in cui si attribuì questo titolo, non più opportunamente sostituito.

I tempi erano in rapido cambiamento e nei Policlinici Universitari si imponeva il concetto della “centralizzazione dei servizi”, con i suoi pro e i suoi contro. Oltre ciò l’Istituto Universitario di Anatomia Patologica di Roma, politicamente più “forte” di quello dell’epoca di Bari, vedeva la pratica diagnostica cito-istologica nella clinica ostetrica come “abusiva”. Si creò, con risvolti nazionali, un attrito insanabile sul piano istituzionale, professionale e dei rapporti interpersonali.

Si consumò così il “secondo scisma” Aldo Vecchione, da anatomopatologo, che praticava anatomia patologica, osteggiato dagli anatomopatologi, entra nella forza gravitazionale di Luigi Frati, patologo generale e preside della Sapienza, che, facendolo planare in uno speciale raggruppamento disciplinare concorsuale, la “Citopatologia”, in comune alla Patologia Generale e alla stessa Anatomia Patologica, gli fa percorrere la carriera accademica dove diviene prima dal 1983 al 1990 Professore Associato  e poi Professore Ordinario dal 1990 al 2005.

In questo “raggruppamento” non volli entrare solo per personale miopia politica, pur su invito pressante del mio compianto preside di Facoltà dell’epoca Gaetano Salvatore, di cui Luigi Frati era amico e ammiratore.

Al di la della differenza di anni e del diverso percorso Aldo, contraccambiato, mi stimava, è stato un caro amico, un eccellente citopatologo, un ottimo professionista e, privilegio di pochi, “sapeva campare” e, talvolta, ho raccolto suoi ricordi di  passate amarezze accademiche.

Aldo ha anticipato in Italia una disciplina e, probabilmente, anche una sua possibile collocazione, accademica e professionale, extra anatomia patologica e più clinica, e per questo è stato considerato una sorta di eretico dell’anatomia patologica come, forse, gli imponeva anche la sua terra di origine.

Gli eretici non hanno necessariamente torto e spesso hanno addirittura un seguito.