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FATTI INCOMPRENSIBILI AI PIU’. MA A TUTTI?

Ci sono stati negli ultimi giorni diversi episodi grotteschi tutti collegati, direttamente o indirettamente, alla città di Torino, sede dei Savoia e prima capitale dell’Italia “unificata”.

Il primo è stato un intervento di Gianni Riotta, tramite il TG1, delle 20 del 20 Gennaio, di cui, peraltro è stato anche direttore, dai toni stranamente aggressivi e persino sprezzanti. Il giornalista, oggi editorialista della Stampa (Torino), ha pesantemente criticato la manifestazione che si è determinata, di fatto, a un 

Riotta Agnelli il Presidentefunerale sebbene questo fosse di Prospero Gallinari (1951–2013) di estrazione contadina, di famiglia comunista, che aveva aderito giovanissimo alle Federazione Giovanile Comunista Italiana (FGCI) da dove dopo anni, alla fine degli anni sessanta, era fuoriuscito per aderire a quella che è stata la "lotta armata" in Italia in quegli anni diventando un dirigente delle Brigate Rosse. Al momento della morte era un ergastolano in libertà condizionata per gravi problemi di salute che non aveva mai fatto parola sui pentiti, sui dissociati o gli “irreperibili” né chiesto riduzioni di pena o fatto domanda di grazia.

Prospero Gallinari, come chicchessia, aveva diritto a ricevere la “pietas” che si deve a chi fa il “gran salto”, e non la violenza verbale che, a tratti, è parsa “isterica” del giornalista che fu, all’inizio, anche del “Manifesto”, salvo che quella sua invettiva non abbia, come l’amante respinto o, addirittura, tradito, una reazione incomprensibile ai più ma per lui “dovuta”.

C’è stata, poi, a Torino, 24 Gennaio, la commemorazione pubblica del decennale della scomparsa dell’avvocato Gianni Agnelli, che, avrà anche vestito alla marinara, e che, di fatto, è stato il sovrano “supplente” d’Italia e pur anche senatore a vita.

Grazie a lui ci ritroviamo le autostrade, le automobili e lo smog. Non i treni. E’ passato come uno snob vanitoso e scostante, con quella tremenda erre moscia, quell’orribile orologio sul polsino e, addirittura, una volta, con un’improbabile cravatta che gli fuoriusciva da un pullover girocollo. E tutti a imitarlo ancora più pessimamente.

Alla sua scomparsa la sua eredità ha comportato una guerra familiare quella si pubblica. A noi ha lasciato, invece, in eredità la cassa integrazione all’insegna di “quello che perdo, lo paghi tu e quello che guadagno l’incasso io”.

Alla commemorazione pubblica, a Torino, ha partecipato il presidente che nel saluto ha esordito “Ringrazio ancora la famiglia e John Elkann per l'invito alla cerimonia in Duomo. Ringrazio il Sindaco per l'invito a questa solenne seduta in Comune. La mia presenza ha voluto esprimere non solo una sentita partecipazione personale - nel ricordo di un rapporto di reciproca attenzione e stima che iniziò nel lontano 1978 -, ma l'omaggio dell'istituzione da me rappresentata, che fu da Giovanni Agnelli sempre grandemente rispettata e da cui gli venne, con la nomina a senatore a vita da parte di Francesco Cossiga, un riconoscimento che egli mostrò di intendere pienamente nel suo significato e nel suo valore” (fonte presidenza della Repubblica).

Non è stato un bel sentire e vedere. Il baciamano alla vedova signora Marella, strette di mano a tutta la famiglia, peraltro non piccola, e addirittura buffetti ai pargoli.

Ma era una manifestazione da richiedere la presenza del presidente della repubblica e questi necessitava andarci? Non bastavano, se pure il caso, le autorità civili, militari ed ecclesiastiche locali?

Ma degli oltre mille addetti al Quirinale chi consiglia al presidente dove andare e chi gli prepara quei bei foglietti scritti che poi estrae e legge con tanta attenzione?

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