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E SE QUELLA DEL SENATO FOSSE UNA VITTORIA DI PIRRO?

Anche l’appello al Presidente della Repubblica di Diego Della Valle, certamente non sospetto poiché amico del Presidente del consiglio e tifoso della fiorentina calcio ha sortito alcun effetto: “Presidente, la Costituzione è stata scritta da persone come Einaudi, non la facciamo cambiare dall’ultimo arrivato che seduto in un bar con un gelato in mano decide cosa fare. Su queste cose bisogna stare molto attenti”.

Oggi il Senato ha approvato una discutibilissima riforma costituzionale che non solo non toglie e non mette alla gravissima condizione economica del Paese, ma ha il pregio di accentuare solo le divisioni in esso esistenti.

L’esito della votazione, scontato, dal punto di vista numerico è stato pessimo dal punto di vista politico considerando che su 315 aventi diritto più i senatori a vita hanno votato solo 187 e la Legge è passata con 183 voti favorevoli e addirittura 4 astenuti.

Le minoranze, molto diverse ideologicamente, sono uscite dall’aula impoverendo gravemente un provvedimento che invece, per la sua portata simbolica, avrebbe dovuto ricercare ed avere una valenza plebiscitaria ... CONTINUA 

 

Non essere d’accordo non significa necessariamente avere ragione né tantomeno torto. Significa semplicemente non condividere.

Ovviamente per essere in disaccordo ci vogliono idee, coerenza e coraggio, l’essere d’accordo Della Valle Diego & Louis Antoine de Saint-Justè, invece, un qualcosa di più semplice, meno impegnativo, è una soluzione molto cara agli italiani ed è la premessa per ulteriori accordi, salvo ripensamenti successivi.     

Il non essere d’accordo, in una società del consenso, ti pone, in genere, tra i diversi, tra quelli che pongono problemi, fra quelli che ostacolano il “manovratore”, ti relega nella “elite” delle minoranze, cara a chi non porta il cervello all’ammasso.

Cosa è poi l’essere in disaccordo con un singolo o, comunque, con pochi che con la maggioranza. Le maggioranze ritengono che, in quanto tali, siano sempre depositarie della “ragione” e, “democraticamente” legittimano le decisioni con il voto. Spesso con il ricatto della fiducia. Ma il voto, e figuriamoci la fiducia, non conferiscono alla decisione votata né eticità né legittimazione politica.

Seguendo il ragionamento di Louis Antoine de Saint-Just (1767–1794), che negava al re Luigi XVI anche il solo processo poiché in questo modo si ammetteva come possibile l’assoluzione, chi dissente non deve partecipare al voto, nel senso che non solo non vota a favore o contro, ma non si astiene nemmeno che è, comunque, una forma di partecipazione al procedimento.

Solo in tal modo si consegue l’eticità del dissenso e si lascia la responsabilità politica della decisione alla maggioranza e a chi partecipa in qualunque modo alla votazione.

Le opposizioni hanno trovato oggi un punto di convergenza e se questo verrà alimentato nella ricerca di una sorta di neoresistenza, di nuova solidarietà “parlamentare” quella di oggi potrebbe essere stata, in fin dei conti, anche una buona giornata.

 

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