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FRIEDMAN, “AMMAZZIAMO IL GATTOPARDO” E IL SEGRETO DI PULCINELLA

Alan Friedman (NY 1956) è quel giornalista statunitense che quando intervistato in televisione parla l’italiano con quella strana cadenza degli indimenticabili film di Stanlio e Ollio.

Friedman AlanSta per uscire, per Rizzoli, un suo libro dal titolo «Ammazziamo il Gattopardo» di cui, immancabilmente, c'é sui giornali uno scoop, un'anticipazione, per così dire promozionale, secondo quel cattivo costume per il quale il passaggio televisivo di qualcuno serve, immancabilmente a  sponsorizzare un libro, un disco, un film o una trasmissione, per non parlare dei medici o degli spot del canone della RAI. E poi dagli alla pubblicità "occulta".

Dall’anticipazione dai giornali si legge in sostanza quello che sappiamo tutti,  o che tutti abbiamo almeno un poco supposto, cioè che, nel novembre 2011 le "improvvise" dimissioni di Silvio Berlusconi non furono “spontanee” ma, guarda un po’, nientemeno che il risultato di una trama, di un “complotto” politico. E che questo fu orchestrato, anche qui c’è, uno “scoop”, nientemeno che dal capo dello stato....

Friedman, nella sua ricostruzione, fa riferimento a “conversazioni”, oltre che con lo stesso Mario Monti, con Carlo De Benedetti e Romano Prodi. Quest’ultimo da politico, ex DC, addirittura, interpellato da Monti gli avrebbe detto “se te lo offrono non puoi dire di no”, mentre lo stesso Monti, interrogato da Friedman se il capo dello Stato gli avesse chiesto una “disponibilità”, pare gli abbia risposto “Sì, mi ha, mi ha dato segnali in quel senso“.

Friedman introduce le “conversazioni” e i nomi dei “conversanti” ma, non si dispiaccia, in verità non era difficile mettere in “ordine logico” le “spontanee” dimissioni del premier Berlusconi, la nomina a senatore a vita del Professore Mario Monti, il non ritorno alle urne e, piuttosto, la creazione di un governo ad opera di un “senatore di fresca nomina ancorché a vita” che trova una maggioranza, ancorché risicata, nel Parlamento, mentre lo “spread” saliva, saliva, per poi, a cose fatte, scendere, scendere fino all’oblio, così come cessavano le bordate “a palle incatenate” delle agenzie di rating e dell’attento Financial Times.

Quello che Friedman, da “buon” americano non si chiede se questa congiura dalle tinte risorgimentali non abbia avuto, per caso, anche una sponda genericamente definibile “atlantica”, cioè con riferimento ad un interessamento non proprio italiano alle vicende italiane.

Chi ha osservato in modo non provinciale gli eventi descritti da Friedman non ha escluso nella “ricostruzione logica degli eventi” la guerra di Libia della primavera dello stesso anno che metteva fine ad un “rapporto” speciale dopo la firma tra Berlusconi e Gheddafi del trattato di Amicizia tra Italia e Libia, autostrada, petrolio e blocco dei migranti).

Muammar Gheddafi, (1942–2011) è stato per quarantadue anni (1969-2011) la massima autorità del proprio paese, poi il mondo occidentale scoprì che era un dittatore da abbattere con le armi, senza colloqui di pace a Ginevra come per la Siria.

Ma anche Putin era “amico” del premier Berlusconi e, con lui, come Gheddafi, parlava anche di donne. Ma questa è altra storia.  

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