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E LE CAMERE STANNO A GUARDARE

Si era sostenuto, e molti si erano convinti (ma non tutti portano il cervello all’ammasso) che l’avvento del “maggioritario” avrebbe dato stabilità al sistema e continuità di governo.

Maggioritario il sistema non è mai stato nel senso che non ci si sono mai stati tanti “partitucoli ad personam”, stabilità di sistema neanche a parlarne, e, quel che peggio, non c’è stata neanche la continuità di governo.

Dal novembre 2011 (dimissioni di ad oggi, non sono tre anni, si sono succeduti già due governi, Monti e Letta, e ci apprestiamo a vedere la nascita del terzo, quello di Renzi.

Silvio Berlusconi, tipo ultimo dei Mohikani, è stato l’ultimo dei capi di governo “eletti”. I suoi successoti sono stati tutti “nominati” sia appartenessero alle camere (Letta) sia ne fossero estranei (Monti) questi con il lavacro della nomina (un’altra) Repubblica parlamentarea “senatore a vita”. Chissà quale gioco di prestigio con Renzi. Ci sarà un altro senatore a vita? E se non è necessario essere parlamentare per guidare il governo che necessità c’era di fare Monti primariamente senatore a vita?

C’è stata, quindi, anche una brusca “virata” della liturgia “costituzionale” del varo dei governi e, probabilmente, non è finita. Certo tutto legittimo ma alla liturgia “parlamentare” sembra che si sia sostituita la liturgia “quirinalizia”. Non più “discese” in parlamento e fiducia parlamentare ma “salite” al colle e gradimento presidenziale.

Così, come per la nomina, non più sfiducia parlamentare ma “dimissioni” del “capo di governo” nelle mani del presidente, dopo una fine per “consunzione” del breve mandato “pseudogovernativo”.

E le Camere “stanno a guardare”, contemplate dai lori presidenti.

A loro confronto appaiono giganti Pivetti e Scognamiglio, rispettivamente presidenti della camera  e del Senato, che nel ’94 frenarono il Presidente Scalfaro deciso, già allora, a dare vita ad un governo tecnico, orientandolo, invece, per una soluzione parlamentare: e nacque il governo Dini.

Quelli del presidente, ancorché tecnici, di scopo, sobri e come altro si vuole definirli, a tutt’oggi, sono stati solo governi “pessimi”.

Uno studio compiuto dal sito scenarieconomici.it ha messo  a confronto i governi degli ultimi 18 anni, dal 1996 (governi Dini e Prodi) al 2013 (governi Monti e Letta), valutandone l’operato rispetto alla media europea in base a sei parametri fondamentali dell’economia reale e della finanza pubblica.

Il risultato è clamoroso: il governo tecnico guidato da Monti ne esce come il peggiore in assoluto, come già anticipato dal Financial Times, seguito a ruota dal governo Letta.

Grazie Presidente.

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