Il fine di una campagna elettorale è vincere le elezioni.

Il perderle, ancorché all’ultimo momento o per pochi voti, cambia solo l’ordine dei fattori, ma non il risultato. Nel sistema maggioritario vincere significa governare, vincere senza potere governare significa perdere.

Diverso era nel più consono sistema proporzionale, dove poi andava fatta la coalizione. Ma il proporzionale è stato abolito, come l’immunità parlamentare e guarda gli effetti.

In campagna elettorale, un po’ come in amore, è tutto permesso, anche i così detti colpi bassi, sotto la cintura per intenderci.

Poi ci sono anche le vicende personali. Basta poco e sei fuori come per Oscar Giannino che ha pagato duramente il suo narcisismo arrogante di scrivere ciò che non era ed è bastato questo perché tutti dimenticassero il molto che era stato e che, probabilmente, è.

Però c’è uno stile personale cui nessuno dovrebbe rinunciare.  

Non si fa riferimento né agli epiteti o alle offese, che pure deprecabili potrebbero rientrare nella categoria dei colpi bassi, quanto, piuttosto, a quei “voltafaccia” sgradevoli e, persino, controproducenti come venire meno a un impegno che, se pur correlato o correlabile alla vicenda elettorale, mina la tua figura di uomo credibile prima che di politico.

Il Prof. Mario Monti che rinnega la sua volontà espressa liberamente a non candidarsi alle elezioni dopo il premierato “presidenziale”, previa nomina a senatore a vita, il sindaco di Firenze Matteo Renzi che da gran rottamatore della gerontocrazia del PD ne diventa “supporter” e, infine, Nanni Moretti, regista, leggendario critico di quella che è rimasta la stessa classe dirigente del Pd che oggi dichiara di votarla.

Non solo i suddetti non hanno aiutato la “causa” ma, purtroppo per loro, credo abbiano nuociuto a se stessi.