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LA SANITA' VA COSTRUITA DA CAPO

IL MATTINO (di napoli) del 13 Luglio us ha pubblicato una mia riflessione generale sulla Sanità in Campania che di seguito riporto:

LA SANITA' VA COSTRUITA DA CAPO

Se si incaricasse una delle tante agenzie di sondaggi che quotidianamente ci informano sulle cose più straordinarie, su quale sia, in questo momento, la parola più usata e abusata, probabilmente verrebbe fuori la parola “riforma”. Ovviamente se c’è una riforma deve esserci qualcosa da riformare altrimenti bisogna costruire qualcosa.

Ora la “sanità” in Campania è da “riformare” o “costruire”?.....

Secondo i più, ovviamente intellettualmente onesti, la sanità regionale non è da riformare ma, piuttosto, tutta da costruire onde realizzare un qualcosa di coordinato che dia risposte concrete alle CAMPANIA Logolegittime attese del cittadino.

Queste attese sono un diritto “rafforzato”, costituzionalmente protetto, e accudito da circa l’80% del bilancio regionale (all’incirca 11 miliardi) che esaurendo, di fatto, il finanziamento complessivo attira, per dirla con Enzo D’anna, il “clientelismo della classe politica”.

A dire la verità è difficile pensare come con una tale entità di risorse annuali non si riesca comunque a produrre un “risultato sanità” che non sia quello sotto gli occhi di tutti, così che “la Campania risulta maglia nera, e con lei Puglia e Molise”, nella speciale classifica stilata nel «Programma nazionale esiti 2012» dall'Agenas (l'Agenzia nazionale per i servizi sanitari) –fonte IL SOLE-, mentre, forse si comprende benissimo, invece, perché dal  2009, quindi sono trascorsi sei anni, la sanità della regione è commissariata e lo è tutt’ora. Ci sono, quindi, bambini in età scolare che non hanno mai avuto un assessore alla sanità.

La domanda da farsi logicamente è, o dovrebbe essere, ma può esserci un risultato imprenditoriale (“business plan”) senza un progetto (“business idea”)?

In altri termini esiste nella regione Campania un piano sanitario che finanzi, coinvolga e integri l’offerta sanitaria complessiva evitando il diffuso ’”ospedale-centrismo” che spesso, oltre che una possibile forma di diseducazione socio sanitaria, rappresenta, o può rappresentare, un vero e proprio “stato di necessità” dei pazienti per essere sanitariamente accuditi?

In altri termini le varie articolazioni Medicina Territoriale, ASL, Aziende Sanitarie, l’ITM fondazione Pascale, Policlinici Universitari, Case di cura, Laboratori di Analisi e Gabinetti Radiologici a capitale privato convenzionati agiscono nell’ambito di una “business idea”, cioè integrandosi in un’attività complementare o operano in un certo qual modo in “ordine sparso” e in modo duplicativo? 

E se si chi è che dirige l’orchestra, controlla le prestazioni e quindi la spesa come una volta facevano gli “ispettori” delle vecchie casse mutue quando garantivano alle stesse un risparmio scomparso con loro e le stesse mutue? Per esempio c’è qualcuno che ricordi ancora che fino all’istituzione del SSN si poteva accedere alla diagnostica “convenzionata esterna” solo previa autorizzazione dell’istituzione pubblica di zona con l’assunzione di responsabilità di avere esaurito le sue capacità di accettazione e quindi lavorative?

L’attuale sistema non integrato, con i suoi DRG (Diagnosis Related Group) e i Lea (livelli essenziali di assistenza) da cui nulla è escluso, e in cui il controllore della spesa è, di fatto, anche l’erogatore della stessa nonché l’organizzatore della prestazione, sembra fatto ad hoc per la dilatazione della risorse.

Il taglio brutale della spesa fatto in questi anni, al di fuori di ogni logica organizzativa e di riparto regionale delle risorse, ha comportato, al di là della presenza di singole “eccellenze” che come tali non fanno “massa”, il collasso in termini qualitativi e quantitativi delle prestazioni, l’aumento incontrollato dei viaggi fuori regione e dei costi ad essi connessi e, infine, l’introduzione di quelli che Giuseppe Ossorio acutamente definisce l’ipocrisia dei “Tetti di Spesa” per cui il pubblico non fornisce e il privato può fornire ma fino a un certo punto, fino a un certo tetto di spesa.

E poiché “allegramente” si opera al di fuori di qualsivoglia progetto (“business idea”) non solo nasce la fantasiosa operazione dell’Ospedale del Mare in piena zona rossa, protocollo d'intesa firmato nel 2000 ministro della Sanità Umberto Veronesi, che doveva essere pronto in tre anni e, a tutt’oggi, in costruzione con prezzi almeno triplicati, al di la della pseudo inaugurazione ambulatoriale preelettorale, ma, addirittura, si ipotizza un Policlinico Universitario a Scampia che Uberto Siola ebbe a definire «Proposta patetica e impossibile da valutare al di fuori di una visione territoriale che non mi pare ci sia». Tutto ciò mentre ancora non appare chiaro il ruolo (ma c’è?) che svolgono, o dovrebbero svolgere, i Policlinici Universitari nel Piano Sanitario Regionale, cioè in quel piano, in quella (“business idea”) che dicono che ci sia ma di fatto non c’è, ma è da costruire, così come per Bagnoli, Napoli est, il problema delle eco balle.

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