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QUEI “BRAVI” DISSIDENTI CHE A DISPETTO DEI SANTI RESTANO DEL PD !
Una volta, nel vecchio PCI, i militanti avevano nei confronti del segretario una vera e propria subalternanza.
Che questa fosse mutuata dalla personalità dello stesso o se fosse conseguenza dalla dipendenza del PC italiano dal partito comunista sovietico o, comunque, se fosse l’espressione che le masse dell’epoca avessero la necessità di un “duce” è questione opinabile.....
Resta, indiscutibile, che la figura del segretario del PCI al grido “Il partito non sbaglia mai”, dettava il “ritmo”, attraverso le sue articolazioni di stampa, Unità e Rinascita, e sindacali CGIL a una “base”, come si dice, che diveniva “credente” riconoscendosi in lui con lo spirito della fede religiosa.
Questo “monolite” politico-religioso venne scosso all’indomani dell’invasione sovietica dell’Ungheria (1956) e, sulla scorta di un “manifesto”, dei così detti “101”, comportò la fuoriuscita dal partito di una straordinaria “intellighenzia” che , in quanto tale, era composta di uomini veri, cioè che uscirono senza calcoli, come si dice oggi “senza se e senza ma”.
Nel PD oggi, pallido erede di quello che fu il PCI, personaggi che si definiscono minoranza o dissidenti, restano, invece, ignorati se non vilipesi, all’interno di un partito che non si sa più cosa sia, oltre ogni limite, con motivazioni risibili, da “sono stato fondatore del PD” a “conosco la casa”,
Se tanto mi da tanto.
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