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QUEL “CAZZEGGIARE” SULL’ECONOMIA CHE POI DIVENTA CINICO DISPREZZO

Cazzeggiare è verbo recente, non appartiene alla buona etichetta ma è disinvoltamente usato per definire il “parlare a vanvera”, il “fare discorsi oziosi” e soprattutto il “lasciarsi andare a chiacchiere superficiali su argomenti seri” (Corriere della Sera, Dizionari, Si dice o non si dice?, Hoepli Editore).

Si applica nell’uso dovunque c’è un comportamento inconcludente, come, ad esempio, nei governi tecnici che si stanno susseguendo, prima Monti poi Letta, che, nei confronti della disoccupazione giovanile, avrebbero dovuto almeno, se non risolvere, almeno addolcire il fenomeno con una brusca inversione di tendenza...

E invece: su dati provvisori Istat (2013) la disoccupazione giovanile è +39,5% in aumento del 4,3% rispetto al 2012.  Nel secondo trimestre del 2012 tra i 15-24enni il tasso si attesta al 37,3% (+3,4 punti), con un picco del 51% per le giovani donne del Mezzogiorno (fonte IL FATTO).

E mentre , appunto, il “cazzeggio economico” " litiga mesi e mesi su qualche punto Iva e sull'Imu, si o no, con un ministro del Tesoro incapace di trovare un miliardo nel bilancio dello Stato e che ci rappresenta in Europa con un'incapacità che non si è mai vista" (Giulio Sapelli) lo studio “Coldiretti/Ixe’ denominata: “Crisi: i giovani italiani e il lavoro nel 2014?”, presentato all’Assemblea elettiva di Giovani impresa Coldiretti, mostra che il 50% dei trentenni vive con la paghetta dei genitori, e il Disoccupazione Giovanile 2010 ISTATsoccorso finanziario di genitori e parenti sale addirittura al 79% se si considerano tutti gli under 34.

Il numero uno di Coldiretti Roberto Moncalvo dice, a buona ragione, che la famiglia è sempre più “rete di protezione sociale”, che fornisce servizi e tutele per i componenti che ne hanno bisogno e che non possono contare sulla tutela delle latitanti politiche sociali statali.

E mentre lo Stato aggredisce “famelicamente” la famiglia con nuove imposizioni, il 75% dei nostri giovani vive ancora con i genitori in casa, dove cerca però di rendersi utile. In particolare, il 76% fa la spesa, il 73% cucina e il 60% fa piccole riparazioni.

Ovviamente c’è uno “zoccolo duro” del 16% che non si rifà neanche il letto.

Altro che «Mandiamo i bamboccioni fuori di casa» di Tommaso Padoa Schioppa, o la nuova realtà della “abitudine al posto non fisso” di Mario Monti, o dei "choosy" (schizzinosi)” di Elsa Maria Fornero, e, più recentemente, la penosa affermazione di John Elkan “Molti giovani non colgono le tante possibilità di lavoro che ci sono o perché stanno bene a casa o perché non hanno ambizione“, questi giovani, “veri e reali”, appaiono certamente più deboli e con meno speranze anche, e soprattutto, rispetto ai fantomatici, celebrati cervelli in fuga che fuggono ma “accuditi”, per ora e per dopo.

Quelle che riducono la disoccupazione giovanile ai “fannulloni” sono persone disdicevolmente  “cazzeggianti”, astratte, ciniche, incapaci e, probabilmente, anche cattive.

C’è qualche mente “politica” che, prima che sia troppo tardi, si porrà il problema di cosa accadrà quando, ineludibilmente, si perderà anche “la  rete di protezione sociale” finora rappresentata dalla famiglia?

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