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STESSA ACCUSA: DUE CORTI DUE GIUDIZI. UNA STRANA BILANCIA

La Corte di Appello di Milano, Enrico Tranfa, Concetta Lo Curto e Alberto Piccinelli, ha assolto l’ex premier Silvio Berlusconi, imputato nel processo Ruby per concussione e prostituzione minorile, perché, secondo i giudici di secondo grado, la concussione “non sussiste” e per quanto concerne la prostituzione (minorile) "il fatto non costituisce reato”. Vengono respinte, così, le accuse del sostituto procuratore generale Piero De Petris, che aveva chiesto, invece, per l’imputato, la conferma della condanna a sette anni di carcere inflitta in primo grado.... CONTINUA

La decisione della Corte di Appello di Milano, nella sua drammatica diversità rispetto a quella di primo grado, qualche “problema” lo pone sebbene, come si dice, il diverso giudizio nei vari gradi del procedimento processuale è proprio delle sue dinamiche, e, qualcuno vedrà, addirittura, positivamente la vicenda come espressione del “garantismo” del nostro sistema giudiziario.

E’ vero che un processo ha il ruolo di riconoscere o meno, in base alle prove documentali, se l’impianto accusatorio proposto dalla pubblica accusa sia TOGHEsanzionabile o meno e che, quindi, i successivi gradi di giudizio possono modificare quello di primo grado, altrimenti che ci sarebbero a fare, ma ribaltare diametralmente il giudizio di primo grado, dal nero al bianco, forse ai non addetti ai lavori, appare poco credibile, sia se riguardi il secondo e, pur anche il terzo grado giudizio.

Il “non sussiste” e "il fatto non costituisce reato" non sono termini che ridimensionano un comportamento ma affermano che lo stesso per certi versi non c’è stato e per altri non costituisce reato.

Oggi si pone, imprudentemente, l’attenzione sulla pubblica accusa, all’epoca del primo grado sostenuta dal procuratore Ilda Bocassini che, al momento della sentenza, era stranamente in ferie, e nell’occasione sostituita, nientemeno che dal capo dell’ufficio Edmondo Bruni Liberati, mentre non si parla affatto del collegio giudicante della IV sezione penale del tribunale di Milano Giulia Turri, Carmen D’Elia e Orsola De Cristofaro cui, invece, spetta, il riconoscimento della validità dell’impianto accusatorio dell’ufficio della procura da cui la condanna.

Nessuno, credo, fatti salvi i suoi stucchevoli pasdaran, intende difendere e riabilitare né politicamente né moralmente Silvio Berlusconi, perché, oltre che obiettivamente difficile, si tratta di fenomeni di convincimento individuale, ma lascia interdetti una così diversa valutazione dell’impianto accusatorio, e prove connesse, da parte dei due collegi giudicanti.

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