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UN PERCHE’ IL SUD PERDE CON I SUOI RAGAZZI CHE VINCONO

Alessandro Barbano, su Il Mattino di Napoli, il 23 Marzo us, nell’editoriale “I ragazzi del sud che vincono i test e il sud che perde” innesca, come ogni articolo “fertile”, un ragionamento... CONTINUA

La scelta. Cioè anzitutto del perché tanti ragazzi si iscrivono al test per l’ammissione alla Facoltà Medica dell’Università Cattolica di Roma. Corollario di questa scelta è perché, poi, tanti giovani del sud “saltino”, per così dire, le non poche opzioni Barbano Alessandrouniversitarie meridionali poste sull’ipotetico percorso di viaggio, e costituite dalle tre Facoltà siciliane, le pugliesi di Bari e di Foggia, la calabrese di Catanzaro, le campane sia di Salerno che, infine, addirittura, le ben due scelte di Napoli.

Va considerata una volontà di affrancarsi da un mondo stretto e provinciale, afflitto da immensi problemi, o, piuttosto, é un “j’accuse” al sistema universitario delle Facoltà di Medicina del sud?

La scelta, poi, dell’Università Cattolica certamente non laica e non proprio statale, nella capitale con ben tre Università con Facoltà medica, potrebbe allargare il “j’accuse” dal sistema universitario del sud al sistema statale. Ed è ben noto che quest’ultimo non goda proprio di buona salute, cioè di buoni piazzamenti nei vari “ranking” mondiali che periodicamente vengono pubblicati.

Un’università dovrebbe rappresentare poi un’offerta. Certamente didattico-scientifica ma anche di opportunità presenti e future.

Tralasciando, per carità di patria le opportunità future, quelle presenti sono, o dovrebbero essere, il conseguire innanzitutto qualcosa di “spendibile” in termini pratici almeno professionali se non occupazionali sostenuto dai cosiddetti servizi di accudimento agli studenti, tutor, sale studio, bagni degni questo nome, biblioteche degne di questo nome, internet, mensa e alloggi. Alloggi che, in genere, per costo del fitto e tipo di accomodazione che offrono, al sud sono un vero problema morale e politico che viene colpevolmente e volutamente ignorato, mentre, addirittura, come all’estero, potrebbe costituire una risorsa per le università stesse.

C’è tutto ciò nelle sedi che i ragazzi del sud hanno saltato puntando al miraggio dell’oasi della Cattolica?

Allora forse è questo lo scenario che andrebbe per così dire indagato, compreso e corretto e non tanto il meravigliarsi di quanti siano i nuovi “emigranti”, e, poi orgogliosamente, di quanto siano bravi, addirittura più bravi, e del poi dolersi del fatto che realizzatisi non ritornino da dove sono “fuggiti”.

Se chi diventa bravo, ma veramente bravo, cioè che se viene riconosciuto tale dove si é affermato, ma veramente riconosciuto e non solamente per le pubblicazioni, spesso e sovente figlie di molti genitori, perché mai questi dovrebbe tornare nell’incubo da cui, emigrando, finalmente si é affrancato?

Quello del ritorno dei cervelli è un gioco sottile, a volte cattivo, dell’alta società fatto per “predestinati”, gioco che, talvolta, può coinvolgere, a vario titolo, “anche” qualcuno di quegli emigranti, che forse, però, non é né tanto bravo né affermato.

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