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GIUSEPPE GALASSO (E ALTRI) E LA SINDROME DI STOCCOLMA

Con l'espressione Sindrome di Stoccolma si intende uno stato psicologico particolare che si manifesta in seguito ad un episodio traumatico, ad esempio episodi di violenza fisica o verbale. Il soggetto affetto dalla Sindrome di Stoccolma, durante i maltrattamenti subiti, prova un sentimento positivo nei confronti del proprio aggressore, che si può spingere fino all'amore, facendo sì che si crei una sorta di alleanza e solidarietà tra la vittima e l'aggressore (fonte Wikipedia).....

Giuseppe Galasso (1929) storico, giornalista, politico e professore universitario ,così come ebbe già a fare Ernesto Galli della Loggia (1942) il 5 Maggio del 1914, ha recentemente scritto anche lui sul CORRIERE DEL MEZOGIORNO, condividendo, GALASSO E I PADRI DEL RISORGIMENTOcon altri, la oleografica “vulgata” storica: «Il paradiso borbonico? È solo un’invenzione nostalgica», un commento, oltre che giornalistico, incauto, perché apodittico, senza i giusti, necessari e doverosi dubbi propri della ricerca e del ricercatore universitario.

Pietrangelo Buttafuoco, in una interessante intervista, ebbe ad esprimersi circa l’annessione del Regno: « Noi abbiamo subito uno stupro. Mi riferisco al trauma, mai digerito, dell’unificazione che ha azzerato qualsiasi nostra capacità di governo».

Una violenza quindi che, come detto, può determinare quel sentimento positivo nei confronti del proprio aggressore proprio della detta sindrome di Stoccolma.

Tralasciando il sentimento più umano che è l’invidia, solamente in questa luce può accettarsi e comprendere la posizione del professore Galasso che liquida la “questione” con “Il primo che incontriate per istrada o altrove può farvi dotte lezioni sui cento e cento primati del Regno delle Due Sicilie, sulla rapina delle ricchezze meridionali dopo il 1860” omettendo sulla questione con “sciatteria” e “altezzosità” accademica” le opinioni di Marcello Veneziani, Giordano Bruno Guerri, Pino Aprile, più recentemente di Gigi Di Fiore e, soprattutto, tacendo la tesi di dottorato non italiana (forse più libera e accurata?), uno studio accurato di Stéphanie Collet, storica della finanza, alla Université Libre de Bruxelles, che  é riportato, in Italia, solo dal Sole 24Ore del 30 giugno 2012,

Resta che dopo l’unità nasce la “questione meridionale” e che dopo 150 anni I poveri, in Italia, circa quattro milioni sono in povertà assoluta e altri sette milioni e mezzo, o quasi, in povertà relativa. In tutto sono 12 milioni gli italiani in povertà. Un quinto della popolazione. La metà di questi poveri vive nel Mezzogiorno, sebbene nel Mezzogiorno viva solo un terzo della popolazione italiana. Quindi, statisticamente, nel Mezzogiorno i poveri sono tre volte più che nel centro-nord (Piero Sansonetti, IL MANIFESTO 15 luglio 2015).

Solo cattiva politica ?

Suvvia Professore una riflessione autocritica, una rilettura di quegli eventi da chi ha gli strumenti per farla sarebbe culturalmente corretta.

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