
Attualità
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Il nome di Erich Priebke (1913–2013), vice comandante del quartier generale della Gestapo a Roma è, notoriamente, tristemente collegato alla sua partecipIl azione, pianificazione e realizzazione dell' orrendo eccidio di 335 civili e militari italiani delle Fosse Ardeatine del 24 marzo 1944 che rappresentò la tragica, disumana rappresaglia delle truppe di occupazione tedesche all’attentato di via Rasella del 23 Marzo da parte di membri dei GAP romani contro truppe tedesche in transito nella stessa via.
Al teIrmine della guerra Erich Priebke riesce ad espatriare e permanere all’estero con evidenti e note complicità, laiche e non, e vivere nella cittadina di San Carlos de Bariloche, nella cosiddetta svizzera argentina al confine con il Cile. Lì visse con moglie e figli non affatto nascosto, ma lavorando pubblicamente ed essere scoperto, praticamente casualmente, grazie ad un’inchiesta giornalistica solo nel 1994, quando, ormai, aveva 81 anni, e praticamente mezzo secolo dopo la fine del II conflitto mondiale.
Serenamente e seriamente andrebbe fatta chiarezza sul perché quelle che, una volta, erano le strutture assistenziali connesse alla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli studi Napoli Federico II che, oggi, costituiscono l’Azienda Ospedaliera Federico II, siano andate tanto rapidamente in declino, dopo un rapido, importante, ma del tutto fugace momento di grande ascesa.
Le cause del declino delle strutture clinico assistenziali sono molteplici e la decadenza non riguarda solo il più evidente aspetto edilizio e organizzativo, ma, purtroppo, coinvolge anche, e soprattutto, escluse alcune, rare eccellenze, la vera e propria proposta diagnostica dei servizi centrali e quella clinica delle vere e proprie attività mediche e chirurgiche, sia generali che specialistiche.
Da un indagine compiuta da Repubblica utilizzando i dati Agenas, l'agenzia nazionale per i servizi sanitari delle Regioni, di 1.440 ospedali pubblici e convenzionati italiani, classificati in base ad alcuni indicatori fondamentali l’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II risulta l’ospedale peggiore d’Italia preceduto dall’Azienda ospedaliera G. Martino di Messina, dal Monaldi di Napoli, dal San Filippo Neri di Roma e anche dall’Azienda universitaria Policlinico di Napoli (seconda Università).
Una sorta di en plein per la Regione Campania che si dirà è commissariata e pure senza assessore.
Questi dati in un’Accademia normale e in una Regione normale avrebbero dato adito almeno ad un dibattito, ad una interrogazione regionale, ad una seduta ad hoc degli Organi di Governo Universitario e, invece, sono passati tra la colpevole indifferenza generale.
Luigi Finelli, chirurgo, Professore Aggregato Universitario, già consigliere di Amministrazione dell’Università Federico II, il giovedì 17 Ottobre ha scritto per “la Repubblica Napoli”, il suo punto di vista sul declino sanitario dell’Università Federico II di Napoli che di seguito riporto ….
Si è tenuto lunedi 14 us, a Napoli, in un albergo cittadino, davanti a un folto pubblico, organizzato dal Partito Repubblicano Italiano e dalla Fondazione Regioni d’Europa, un vivace dibattito sulla sanità.
Il tema iniziale era ristretto allo scenario della sanità regionale ma l’autorevolezza dei convenuti lo ha tracimato rapidamente in uno scenario nazionale e, addirittura, europeo, nell’ambito della globalizzazione.
Ci sono stati alcuni punti che vanno decisamente annotati per essere una “potenziale” proposta come nella tradizione repubblicana.....
Lo sciopero della fame è storicamente una forma di protesta nonviolenta caratterizzata dal digiuno dello o degli scioperanti.
C’è da chiedersi se si tratta una forma di protesta “tout court”, come potrebbe essere, più semplicemente, il non lavarsi, il non mettersi le scarpe, la cravatta o quant’altro o, se con esso, coerenti alle proprie idee o decisioni, si decide in difesa estrema delle stesse, di mettere anche a repentaglio la propria integrità fisica come spesso accade, e, addirittura, la vita.
Parafrasando il celebre aforisma di Ezra Pound “Se un uomo non è disposto a lottare per le sue idee, o le sue idee non valgono niente, o non vale niente lui” uno sciopero della fame diciamo di tono minore, senza conseguenze, per di più ripetuto, appare più una “sceneggiata” e perde quell’intensità che gli dà solo l’incognito, drammatico temuto possibile finale.
Emerge con chiarezza, dai dati ufficiali, che L’Italia detiene il “record” delle custodie cautelari. Al 30 giugno 2010 ben il 42,5% dei detenuti era in attesa di giudizio e la metà di loro è destinato ad essere assolto. Si tratta di circa 15.000 persone, che scontano da innocenti mesi e a volte anni di “pena anticipata” e contribuiscono a rendere gremite le celle.
Questo dato ha la sua attualità nel momento che la Corte Europea dei diritti umani di Strasburgo accusa l'Italia di «Sovraffollamento strutturale» delle carceri essendo, infatti, il tasso d'occupazione dello spazio carcerario degli istituti di pena in Italia al 139,17%.
Da qui il messaggio del capo dello Stato al Parlamento che tanto fa discutere circa l’amnistia e l’indulto.
Sarebbe, tuttavia fortemente diminutivo, ritenere che quello della carcerazione preventiva sia o possa essere soltanto tema di sovraffollamento degli istituti di pena.
La custodia cautelare infatti, nelle dimensioni su riportate, viola evidentemente le garanzie costituzionali del cittadino e pone inquietanti interrogativi anche, e soprattutto, sulla ritualità processuale.
Valerio Spigarelli, attuale presidente dell’Unione Camere Penali Italiane, ha scritto, su quest’argomento un interessante riflessione pubblicata su Diritti e ripresa da GLI ALTRI che di seguito riporto integralmente …..